L’ipoglicemia nel soggetto diabetico insulino-trattato, come trattarla

L’ipoglicemia è un evento frequente nel soggetto diabetico insulino-trattato, la regola nei pazienti con diabete tipo 1, molto frequente anche nel diabete tipo 2 che fa insulina. Recentemente l’American Diabetes Association (ADA) e l’European Association for the Study of Diabetes (EASD) hanno raccomandato l’utilizzo delle nuove definizioni di ipoglicemia suggerite dal lavoro dell’International Hypoglicemia Study Group

Le ipoglicemie sono state quindi divise in tre livelli di gravità:

IPOGLICEMIA DI LIVELLO 1.  Il valore al di sotto di 70 mg/dl ma superiore a 54 mg/dl viene considerato una soglia di allerta che invita il paziente a trattare con zuccheri semplici per bocca. Per fare questo si può seguire la facile regola mnemonica del 15, secondo cui, l’ipoglicemia andrebbe corretta assumendo 15 g di carboidrati “semplici” [pari a circa 3 cucchiaini/bustine/zollette di zucchero in grani o sciolto in acqua o ad un cucchiaio da tavola di miele o a 125 ml (1/2 bicchiere) di una bibita zuccherata (cola, aranciata etc) o di un succo di frutta]. Quindi ricontrollare la glicemia dopo 15 minuti e ripetere l’assunzione indicata precedentemente fino a che la glicemia non risulti superiore a 100 mg/dl. La correzione dell’ipoglicemia potrebbe essere solo temporanea, pertanto la glicemia dovrebbe essere misurata ogni 15 minuti, fino al riscontro di almeno due valori normali in assenza di ulteriore trattamento (assunzione di alimenti zuccherini) tra le due misurazioni. È possibile mangiare qualche carboidrato “complesso” (fetta biscottata, biscotti, crackers, grissini) per evitare che la glicemia torni a scendere. Se si presenta con frequenza questo livello di ipoglicemia, probabilmente c’è qualche errore nella terapia e/o nelle abitudini alimentari ed il problema dovrebbe essere affrontato con il proprio diabetologo. 

IPOGLICEMIA DI LIVELLO 2. Un valore al di sotto di 54 mg/dl rappresenta invece già una ipoglicemia severa, cioè un valore dove è richiesto un trattamento urgente. Questa è la soglia in cui iniziano di solito a comparire di solito i sintomi neuro-glicopenici (debolezza, stanchezza vertigine, confusione mentale, comportamenti inappropriati, visione offuscata, perdita di concentrazione). Ripetuti episodi di ipoglicemia di LIVELLO 2  comportano nel tempo la perdita del meccanismo di contro-regolazione e perdita dei sintomi adrenergici (tremori, tachiradia, ansia/nervosismo) e quindi la comparsa di ipoglicemia “unwareness”, asintomatica. L’assunzione dello zucchero per bocca deve essere immediato, seguendo sempre la regola vista precedentemente.

IPOGLICEMIA DI LIVELLO 3. Il LIVELLO 3 non ha una soglia specifica (avviene certamente per valori di glicemia estremamente bassi), ma è caratterizzata dal fatto che serve un intervento da terzi per risolvere la crisi, essendo il paziente inconsciente o con stato mentale profondamente alterato, tale da non poter ingerire zucchero per bocca.

Per quanto riguarda il livello 3, il livello più grave, potenzialmente rischioso per la vita, studi più recenti indicano che il problema sia ancora estremamente presente e frequente nei diabetici tipo 1 con tassi per persona/anno da 1 a 3 episodi di ipoglicemia di livello 3 ed una % di pazienti coinvolti dal 20 al 40% del totale; anche nel diabete tipo 2 insulino-trattato si verificano mediamente un episodio/anno con un 20% di persone conivolte.

L’unica terapia immediata per questo evento è il glucagone, un ormone che determina un rapido rialzo dei livelli glicemici. Ma se fino ad 1 anno fa ancora l’unica possibilità erano le fiale da somministrarsi sotto-cute o I.M., oggi si ha la possibilità di avere il glucagone nasale in formulazione “spray” con la stessa efficacia della formulazione iniettiva. Non è una cosa di poco conto se pensiamo alla difficoltà legate alla formulazione in fiale. Il glucagone sc/im deve infatti essere conservato in frigo e quando serve deve essere ricostituito utilizzando solvente e soluto, quindi fatta uscire l’aria, può essere somministrato al paziente. Difficilissimo da eseguire, se pensiamo che spesso viene usato da familiari/amici/colleghi/compagni di scuola di soggetti diabetici che certo non sono medici.

Oggi la formulazione “nasale” ha risolto questi problemi. Si tratta di uno spray che può essere conservato a temperatura “ambiente” quindi facilmente trasportato. Una volta tolto dalla confezione deve essere semplicemente spinto lo stantuffo in una narice del soggetto da trattare. Nulla di più facile. Tutti i soggetti con diabete tipo 1 e tipo 2 insulino-trattati lo dovrebbero avere con sé ed i familiari dovrebbero essere istruiti al corretto utilizzo. Si tratta di un farmaco potenzialmente salva-vita.

Come è cambiato il monitoraggio del diabete

Controllare la glicemia è un punto fondamentale per un paziente diabetico, poiché è l’unico modo per sapere se la malattia è ben controllata dalla terapia che si sta seguendo oppure no. Il diabetico è come un funambolo che deve camminare su di una corda evitando di cadere da una parte (iperglicemia, glicemia troppo alta) o dall’altra (ipoglicemia, glicemia troppo bassa per un eccesso di solito di insulina o di farmaci assunti per bocca).


L’unico modo per sapere come va il diabete è controllare la glicemia; se per anni sono stati utilizzati i classici glucometri (gli apparecchietti della glicemia) con misurazione della glicemia capillare, oggi abbiamo a disposizione i più moderni sensori glicemici. Si tratta di piccoli dispositivi che applicati direttamente sulla cute delle persone forniscono in continuo una lettura glicemica senza che il paziente debba più pungersi, durano dai 7 ai 14 giorni e si collegano allo smartphone con APPs dedicate ed alcuni anche allo smartwatch. Alcuni modelli sonno dotati anche di allarmi predittivi che avvisano il paziente quando c’è un pericolo di ipoglicemia imminente.


E’ facile immaginare l’utilità di questi strumenti per i pazienti che praticamente possono monitorare la loro malattia in ogni momento, ma non solo! Anche per i familiari dei ragazzini con diabete che possono, anche da casa, tramite APPs di condivisione, vedere in ogni momento la glicemia dei propri figli, dovunque si trovino. E per i medici che hanno così un quadro chiaro di come sta andando il compenso dei loro pazienti.

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Video: Noduli Tiroidei

I Noduli Tiroidei sono lesioni che si possono descrivere nell’ambito del parenchima della tiroide con struttura propria, quindi distinguibile rispetto al restante parenchima tiroideo.
Si tratta di un problema clinico estremamente frequente e comune, basti pensare che facendo  un’ecografia alla popolazione generale potremmo trovare, a seconda delle casistiche, dal 20% al 60% di casi  di noduli, con percentuali che si innalzano soprattutto nelle donne e in decadi più avanti con l’età, come gli anziani.


L’aspetto importante dei noduli tiroidei è riuscire a fare una diagnosi lì dove serve, ovvero riuscire ad evidenziare il nodulo non benigno nella tiroide; per fortuna esso rappresenta la minima parte del complesso dei noduli, infatti circa il 5 % dei noduli può essere un nodulo non benigno.
Ormai grazie alla diffusione delle tecniche ecografiche è molto frequente riuscire a fare diagnosi precoci e rendersi conto della natura dei noduli quando sono ancora al di sotto del centimetro.
In base alle caratteristiche ecografiche si procede con l’esame principe per fare diagnosi, l’agoaspirato tiroideo: esso ci permette di effettuare una diagnosi del nodulo, grazie all’aspirazione di un piccolo campione di materiale del nodulo stesso, in modo da notare le caratteristiche delle cellule e se sono presenti elementi che possono essere di rischio;
La neoplasia più comune della tiroide è il Carcinoma papillifero, che rappresenta più del 90% dei carcinomi totali della tiroide.
Oggi, grazie alla tecnica ecografica, si riesce a fare diagnosi di noduli alla tiroide e abbassare il rischio del nodulo stesso; dai video che seguono infatti si può rilevare l’importanza di questa tecnica per andare a descrivere i noduli, non soltanto tramite la dimensione degli stessi, ma anche tramite le loro caratteristiche e i rischi associati agli stessi, come la presenza di microcalcificazioni, margini regolari o irregolari, vascolarizzazione etc., tutti dettagli tecnici che un operatore esperto sa interpretare perfettamente;
Da quest’attenta valutazione nasce la decisione di continuare a monitorare il nodulo tramite tecnica ecografica oppure approfondire la diagnosi eseguendo un agoaspirato tiroideo.

IL FUTURO DELLA TERAPIA INSULINICA

Solo da qualche mese abbiamo a disposizione anche in Italia per la cura del diabete tipo 1:
Microinfusori insulinici di ultima generazione che riescono a comportarsi come veri e propri pancreas artificiali.
Sono dotati infatti di algoritmi che sulla base del valore della glicemia rilevata dal sensore al quale si collegano via bluetooth® riescono a fornire in ogni momento  l’insulina che occorre, né più né meno, in modo da tenere stabile la glicemia e quanto più vicina ai valori ideali.
I nuovi sistemi sono anche in grado di erogare micro-boli di correzione. E’ in corso una vera e propria rivoluzione nella terapia insulinica e quindi nella gestione delle persone con diabete tipo 1, che come sappiamo, purtroppo, è tipico dei bambini, dei ragazzi e dei giovani adulti.

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La velocità di erogazione dell’insulina basale viene totalmente controllata dall’algoritmo in funzione nel sistema. In viola è rappresentata l’insulina basale e la sua  erogazione, che varia in funzione della glicemia. Al paziente viene richiesto di eseguire i boli con il calcolatore inserendo i carboidrati che verranno consumati ai pasti. Si possono vedere anche i micro-boli di correzione automatica che vengono erogati quando il sistema raggiunge la massima velocità basale (Sistema MinimedTM 780G)

Video: Tiroidite di Hashimoto

La tiroidite di Hashimoto prende il nome dal medico giapponese che per primo la descrisse nel  1912, è una delle forme più comuni di patologia tiroidea.
Si tratta di un problema estremamente frequente nella popolazione generale, se pensiamo che nella seconda decade di vita circa l’1-2% della popolazione ne è affetta, percentuali che si innalzano fino al 4-5% nelle fasce più avanti con gli anni.
E’ una patologia prettamente femminile, in quanto il rapporto femmine-maschi è circa 10 a 1;

Come dice lo stesso termine, Malattia cronica autoimmune, consiste nella genesi autoimmunitaria, perché il sistema immunitario del paziente forma degli anticorpi diretti e rivolti contro alcuni costituenti della cellula tiroidea, un attacco che è anche cellulo-mediato che porta a una distruzione lenta della tiroide, determinata dal proprio sistema immunitario.
La tiroidite di Hashimoto si diagnostica molto semplicemente facendo delle analisi del sangue, infatti la presenza degli anticorpi Anti-tiroide Positivi ci fa porre subito la diagnosi di Tiroidite Cronica Autoimmune.
Il danno è possibile vederlo anche tramite ecografica: tecnica che ci permette di vedere i dettagli strutturali della tiroide, e in questo caso identifica il quadro e il grado di danno tiroideo.
Nel video che segue, è possibile vedere ecograficamente se il paziente è affetto da tiroidite, ovvero se compaiono all’interno della tiroide delle zone scure , che sono appunto gli esiti fibrotici e anche l’infiltrato del materiale infiammatorio che è stato responsabile del danno tiroideo;
E’ importante sottolineare come la Tiroidite di Hashimoto non sia sinonimo di malattia, perché nella maggioranza dei casi a questa non si accompagna subito un danno funzionale tale da dare esito ad un Ipotiroidismo bensì si manifesta con una riduzione della funzione della tiroide, condizione messa in evidenza solo tramite analisi del sangue.
Ciononostante chi ha degli Anticorpi Positivi ma una funzione tiroidea ancora normale, è chiamato ogni tanto a controllare la funzione tiroidea perché essendo il danno cronico, potrebbe appunto a lungo andare esitare in un Ipotiroidismo; a maggior ragione per le donne che si apprestano ad avere una gravidanza, o comunque durante la stessa: in queste particolari fasi, il fabbisogno degli ormoni tiroidei aumenta perché c’è la presenza del feto;

Spesso chi ha una tiroide autoimmune può esitare in un Ipotiroidismo, e per questo è importante che venga trattata subito.
In ogni caso, si sottolinea come sarebbe il caso di non andare a monitorare gli anticorpi, poiché averne in grandi quantità spesso è causa di stress per i pazienti, che si troverebbero nelle analisi numeri molto elevati che porterebbero a una preoccupazione infondata visto che il titolo anticorpale non si deve guardare come numero in sé per sé, ma esprime soltanto il fatto che ci sia in corso un processo autoimmune.

ENDOCRINOPATIE E VACCINAZIONI ANTI-COVID

Quando finirà (e si spera a breve) la fase 1 della vaccinazione anti-Covid 19 rivolta a operatori sanitari e socio-sanitari, personale ed ospiti delle RSA, anziani con età >80 anni con aggiunta nelle ultime settimane di personale delle forze dell’ordine e corpo docente, si entrerà nella fase 2 della campagna. Con il documento dell’8 febbraio 2021 il Ministero della Salute ha emanato le raccomandazioni per individuare le categorie target da vaccinare prioritariamente. Relativamente alle endocrinopatie ed ad altre condizioni cliniche di interesse endocrinologico, i criteri preferenziali per essere sottoposti a vaccinazione con vaccino a mRNA (Moderna e Pfizer/bointech) (che sembra avere maggiore copertura vaccinale rispetto a quello con vettore adeno-virale, Astra-Zeneca) sono:

  •  Diabete tipo 1 con età superiore ai 18 anni
  •  Diabete tipo 2 in trattamento con almeno 2 farmaci orali o con vasculopatia periferica
  •  Morbo di Addison (iposurrenalismo)
  •  Obesità Grave (qui identificata, impropriamente, da un BMI>35, indice di massa corporea peso/h2 (in Mt))

I pazienti con diabete tipo 1 e tipo 2 possono presentare una maggiore suscettibilità allo sviluppo di infezioni soprattutto se il loro compenso non è adeguato. La risposta immunitaria dei soggetto diabetici nei confronti del vaccino non è diversa da quella delle persone senza diabete. I diabetici sono a maggiore rischio di avere forme severe di malattia da Covid-19, il diabete è presente nel 30% dei soggetti deceduti per Covid-19. E’ stato dimostrato che il rischio di morte di un soggetto di 50 anni con diabete è pari al rischio di morte di un soggetto di 66 anni senza diabete. E’ bene chiarire che la vaccinazione non interferisce con le terapie ipoglicemizzanti. Dopo la vaccinazione, in base alla risposta infiammatoria del soggetto, potrebbe aversi un lieve peggioramento delle glicemie che ritorneranno normali dopo 48 ore.

E’ stato inserito anche il codice 056 tra le patologie endocrine da vaccinare in priorità, che corrisponde alla tiroidite di Hashimoto. Questa decisione ha prodotto un po’ di confusione in chi, affetto da questa patologia, ha rinunciato o si è visto rifiutare la possibilità di essere vaccinati con il vaccino Astra-Zeneca pur in assenza di specifiche e formali controindicazioni da parte dell’azienda. E’ bene precisare che le società scientifiche di endocrinologia si sono già mosse per rettificare questa svista. La tiroidite di Hashimoto è una patologia autoimmune organo-specifica che non determina un aumento di mortalità in caso di infezione da Covid-19 a differenza di tutte le patologie menzionate prima. Non esistono quindi motivi perché venga inserita nella patologie prioritarie da vaccinare né è indicato preferenzialmente un vaccino a mRNA. Possono stare tranquilli tutti quei docenti o personale delle forze dell’ordine, affetti da tiroidite di Hashimoto, che hanno beneficiato del vaccino Astra-Zeneca.

Per documentare una obesità grave serve una autocertificazione scaricabile direttamente online (il BMI attestato deve essere superiore a 35).

Video: La Tiroide

La tiroide è la più grande ghiandola endocrina presente nel nostro corpo, il suo peso nell’adulto è circa 25g.
Si trova sotto il pomo d’Adamo, ai lati della fossetta giugulare, caratteristicamente presenta due lobi: uno a destra e uno a sinistra, ma a volte ne è presente anche un terzo posizionato in mezzo detto “piramidale”.


È un organo superficiale, in quanto tale è facilmente esplorabile attraverso la palpazione con le mani, inoltre è visibile tramite ecografia: che ne rappresenta il mezzo strumentale semplice e accurato per osservare i dettagli strutturali.
Passando alla sua funzione, sicuramente è quella di produrre gli ormoni tiroidei: T4 e T3, le cellule che la compongono prendono il nome di “Tireociti”, che formano dei follicoli all’interno della ghiandola, al cui interno si accumula la colloide che contiene una proteina la “Tireoglobulina”.
La ghiandola è sotto il controllo del TSH, che serve alla sua proliferazione, ma anche a quella degli ormoni tiroidei e alla loro immissione.


Gli ormoni tiroidei hanno ripercussioni su tutti gli ambiti del nostro organismo, ad esempio per quanto riguarda il metabolismo possono comportare un aumento dell’appetito, controllano la mobilità intestinale.
Distinguendo tra Ipotiroidismo, che normalmente comporta un aumento di peso (anche tramite un aumento dei liquidi all’interno del corpo), una riduzione della mobilità intestinale, ma anche una riduzione della frequenza cardiaca e aumento di converso della pressione minima; viceversa l’Ipertiroidismo è caratterizzato invece da un aumento del battito cardiaco e della pressione sistolica (che si manifesta tramite tachicardia).
Altre ripercussioni possono manifestarsi sul sistema endocrino-ginecologico:
l’Ipotiroidismo di solito determina amenorrea, alterazioni del ciclo o perfino la sua interruzione, ma anche una riduzione della fertilità.
Dal punto di vista neurologico gli ormoni della tiroide sono importantissimi per la plasticità del sistema nervoso centrale, soprattutto nelle fasi iniziali della crescita (nello sviluppo del feto e in epoca neonatale); la loro riduzione comporterebbe ad esempio forme di cretinismo nel bambino molto gravi, motivo per cui oggi i nascituri vengono sottoposti a controlli.


In ogni caso anche in età adulta, forme di Ipotiroidismo possono determinare  ad esempio confusione mentale o varie sindromi depressive.
Oggi, si sono incrementati  controlli alla tiroide proprio in presenza di questi sintomi, spesso il medico di famiglia chiederà analisi specifiche; per controllare il funzionamento di questa ghiandola basterà dosare gli ormoni della tiroide.
Ricordiamo che è molto importante fare esami di questo tipo, soprattutto se c’è già familiarità con questa malattia, oppure nel caso di sintomi sospetti.

LA TIROIDE E L’ETNA

La recente ripresa dell’attività del nostro vulcano con emissioni parossistiche di cenere che hanno iniziato a ricoprire le nostre città, con tutti i disagi che questo ha comportato e sta comportando, ripropone il vecchio interrogativo se ci sia un nesso tra vivere in una zona vulcanica ed ammalarsi di tiroide.

E’ stato documentato da un lavoro pubblicato qualche anno fa dall’Istituto di Endocrinologia di Catania che le persone che vivono nei pressi delle aree vulcaniche avrebbero un rischio più alto di ammalarsi di tumore della tiroide, forse anche del doppio, rispetto al resto della popolazione. E’ stato evidenziato infatti che i residenti della provincia di Catania hanno avuto una incidenza del “Carcinoma Papillifero” (che è uno degli istotipi del tumore tiroideo) doppia in un periodo di osservazione di circa 2 anni rispetto al resto della popolazione che vive nell’isola. Le osservazioni fatte in Sicilia trovano peraltro riscontro in analoghi studi eseguiti in altre aree vulcaniche del globo, quali le isole Haway, l’Islanda e le Filippine.

Come è noto tra i fattori di rischio per il carcinoma tiroideo ci sono le radiazioni ionizzanti che costituiscono uno dei fattori etiologici più documentati (l’incidente di Chernobyl ha costituito un buon modello di studio); altri fattori di rischio noti sono l’apporto di iodio nella popolazione (che sposta i rapporti carcinoma papillare/follicolare), il sesso femminile (3-4 volte più frequente nelle donne) e l’età.

Piazzza Duomo di Giarre, 7 marzo 2021

Per spiegare l’elevata incidenza in ambiente vulcanico non è stata ancora individuato il veicolo di contaminazione che potrebbe essere l’acqua, l’atmosfera, il suolo o il cibo. L’acqua sembra essere uno dei veicoli maggiormente indiziati.

Catania e provincia ricevono acqua per ¾ proveniente dal sistema acquifero dell’Etna; l’acqua quindi durante passaggio nella roccia vulcanica reagendo con la CO2 diventa acida e ciò potrebbe favorire il rilascio di vari elementi chimici (inclusi metalli pesanti). In effetti alcuni studi hanno dimostrato elevate concentrazioni nell’acqua da sorgenti etnee di alcuni elementi (come HCO3-, SO4, Ca, F, Cl, Mg, B, Mn, Fe, V, Mo, Pd e W) che potrebbero favorire a lungo termine l’insorgenza del tumore tiroideo attraverso la loro genotossicità e/o induzione di stress ossidativo, inibizione della riparazione del DNA, etc. Ulteriori studi di tipo biologico e molecolare sono però necessari per valutare la capacità di queste sostanze di influenzare la funzione della tiroide, la proliferazione e l’effetto mutageno.

E’ bene ricordare che comunque l’unica associazione nota tra area vulcanica e malattie della tiroide riguarda il carcinoma papillifero della tiroide. Sono escluse tutte le altre patologie funzionali, quindi tutte le cause che determinano ipo o ipertiroidismo (tiroidite di Hashimoto, M. di Basedow, etc).La possibile associazione tra ambiente vulcanico e carcinoma tiroideo potrebbe essere un motivo in più per eseguire uno screening ecografico soprattutto per i familiari di soggetti con patologia nodulare già nota, che vivono nel comprensorio etneo.

Nuovo microinfusore MiniMed 640G già disponibile

MM640G-SUSPENDED-Angled-12-202x300La terapia insulinica con microinfusore oggi rappresenta quanto di più avanzato esista per la cura del diabete tipo 1 e del diabete tipo 2 diventato insulino-dipendente, soprattutto se scompensato e caratterizzato da grande variabilità glicemica. Da pochi mesi anche in Italia è disponibile per uso clinico il nuovo microinfusore “MINIMED 640 G”. Si tratta di qualcosa di totalmente innovativo poichè dotato della nuova tecnologia “SMARTGUARD” che protegge dal rischio ipoglicemico. Infatti se utilizzato insieme al nuovo sistema di monitoraggio in continuo della glicemia (Guardian 2 Link) con i sensori del glucosio Enlite, è in grado di prevenire l’insorgenza dell’ipoglicemia e sospendere PREVENTIVAMENTE l’erogazione dell’insulina basale (SOSPENSIONE Pre Glucosio basso). L’erogazione dell’insulina riprenderà poi in automatico se il glucosio del sensore registrato si sarà riportato su valori “sicuri” ed in dipendenza del “trend”. Questa nuova tecnologia avvicina la tanto auspicata “chiusura dell’ansa” e la creazione del “pancreas artificiale”. Per saperne di più vienici a trovare presso i nostri ambulatori.

La nuova insulina “Tresiba” fa riposare tranquilli!

tresiba3Tresiba, ovvero insulina degludec, è il nuovo analogo lento di Novo Nordisk, approvato in Europa per il trattamento del diabete tipo 1 e tipo 2. Tresiba viene somministrato una volta al giorno ed a differenza degli altri analoghi lenti attualmente in commercio offre il vantaggio di una certa elasticità nella scelta del momento della somministrazione (non necessariamente alla stessa ora). Dagli studi clinici di confronto è emerso che Tresiba è efficace almeno quanto le altre insuline lente con il vantaggio di un minore tasso di ipoglicemie notturne, se confrontata a Lantus. Tresiba inoltre è in grado di ridurre la variabilità glicemica garantendo un profilo glicemico più stabile. Le preliminari esperienze cliniche personali e di molti colleghi con i quali lavoro confermano i dati emersi dagli studi clinici. E’ proprio vero, Tresiba fa riposare tranquilli!